Disturbi muscolo-scheletrici tra lavoro e vita privata
Le patologie muscolo-scheletriche lavoro-correlate (WMSD nella letteratura anglosassone), costituiscono una seria preoccupazione per la salute dei lavoratori e per lo sviluppo delle aziende europee.
Oltre 40 milioni di lavoratori nell’Unione Europea ed oscillano tra il 40 e il 50 % delle malattie connesse con il lavoro.
Secondo alcuni dati riportati nel recente dossier del tavolo economico Fit for Work Italia, la valorizzazione economica di queste patologie in termini di costi diretti e indiretti offre molteplici voci prestazionali:
- la diminuzione dell’output lavorativo dovuta a ridotta capacità d’azione
- i costi legati al conseguente calo di produttività
- la riduzione delle entrate
- la perdita di opportunità da parte del lavoratore malato e di membri della sua famiglia
- la riduzione delle entrate di questi ultimi
- l’assenteismo dal posto di lavoro di quanti sono coinvolti nell’assistenza del lavoratore malato
- Costi sostenuti dal sistema previdenziale (assegni di invalidità e pensioni di inabilità)
In particolare, se nel 2009 avevamo una spesa pari a circa €94 milioni, si registra una crescita dell’importo fino a €104 milioni nel 2012, con un incremento del 10%. Se consideriamo esclusivamente gli assegni di invalidità, si evidenzia una prevalenza molto accentuata del 75% del totale medio, a favore della categoria di persone in età lavorativa (21-60) con un valore medio pari a 10.421 prestazioni erogate tra il 2001 ed il 2012.
L’entità dei costi indiretti invece varia a seconda delle condizioni del paziente, dell’attività lavorativa svolta e del numero di famigliari coinvolti nel percorso assistenziale. Il peso dell’assistenza, infatti, grava molto spesso quasi totalmente sulle spalle delle famiglie e non solo in termini economici.
L’intervento tempestivo dovrebbe essere un interesse socio-economico fondamentale, considerando che un’ampia fetta delle patologie muscolo-scheletriche colpisce la fascia giovane e in età lavorativa della popolazione.
Le affezioni cronico-degenerative della colonna vertebrale, collocate dal «National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) al secondo posto nella lista dei dieci problemi di salute più rilevanti nei luoghi di lavoro, sono di frequente riscontro presso collettività lavorative dell’agricoltura, dell’industria e del terziario.
Un impatto sia sociale che economico rilevante.
Nei paesi industrializzati i casi di lombalgia cronica rappresentano una fonte di spesa enorme: in Svezia l’inabilità permanente conseguente a patologie della colonna lombo-sacrale, nel periodo 1952-1987, è aumentata del 6000%, con un incremento massimo attorno al 1980, in coincidenza con l’approvazione della nuova legge svedese sulle malattie indennizzabili. Simile andamento è stato segnalato negli Stati Uniti, con un incremento degli indennizzi pari al 2700% nel ventennio 1956-1976. Sempre negli Stati Uniti, approssimativamente il 10% dei lavoratori con lombalgia cronica assorbono il 65-70% dei costi di tutti i risarcimenti.
Recenti dati epidemiologici dimostrano che negli Stati Uniti la lombalgia è la principale causa di limitazione lavorativa in persone con età < 45 anni e gli indennizzi per patologie professionali della colonna assorbono il 33% dei costi totali.
I settori produttivi spendono annualmente per trattamenti e compensi assicurativi il corrispondente di 100 milioni di euro per quella che risulta come:
– la prima ragione per richiesta di visita medica (14% delle prime visite riguardano il mal di schiena)
– la quinta causa di ricovero ospedaliero
– la terza più frequente ragione di intervento chirurgico.
Se prendiamo in considerazione le patologie reumatoidi con danno biomeccanico, l’Osservatorio di Sanità e Salute riferisce che circa 23.000.000 di giornate di lavoro in Italia vengono perse annualmente per tre malattie reumatiche invalidanti, considerate paradigmi delle patologie che compromettono la vita lavorativa di chi ne è colpito: l’Artrite Reumatoide, l’Artrite Psoriasica e la Spondilite Anchilosante.
In Italia, le sindromi artrosiche sono, secondo dati ISTAT, le affezioni croniche più diffuse. Le affezioni acute dell’apparato locomotore sono al secondo posto nella prevalenza puntuale di patologie acute ed al secondo posto tra le cause di invalidità civile. Tra gli infortuni del lavoro, in base a dati ottenuti dagli Istituti di Medicina del Lavoro, la lesione da sforzo, che nel 60- 70% dei casi si manifesta con una lombalgia acuta, ha incidenza e prevalenza costanti, nonostante siano sotto stimate per omissione di denuncia.
Per queste condizioni morbose il Servizio Sanitario Nazionale sopporta solo il 30% del costo della malattia (cost of illness) corrispondente ai costi diretti, essendo il rimanente 70% rappresentato dai costi indiretti, quale ad esempio la perdita di produttività dei soggetti colpiti. I costi dell’assistenza socio-sanitaria rappresentano una seria minaccia per l’economia complessiva del nostro Paese: con una spesa annuale superiore a 4 miliardi di euro, quasi la metà dei quali sono imputabili alla perdita di produttività dei 287.000 lavoratori colpiti.
Tre fattori limitano l’introduzione di misure atte a prevenire affezioni muscolo scheletriche nelle aziende europee :
- Carenza di specificità nei regolamenti tecnici : comporta una mancanza sostanziale di efficacia dell’abbattimento del rischio di taluni tipi di WMSDs, per danno biomeccanico, in particolare malattie agli arti superiori ;
- Mancanza di informazioni esaurienti e di sensibilizzazione, dato che in certa misura è suffragato dalla tendenza di datori di lavoro e lavoratori a non essere formati per riconoscere l’esistenza di queste condizioni, il fatto che sono connesse con il lavoro, i fattori di rischio che li provocano e le conseguenze per i dipendenti e le imprese.
Per garantire il successo di tali interventi è necessario riflettere sull’impegno da parte del personale di gestione, sulle implicazioni per i lavoratori comprendendo le risorse di adattamento a disposizione, sulla valutazione dei rischi sul posto di lavoro e in merito a quelli che non possono essere evitati, sensibilizzare tutti gli attori aziendali all’ergonomia della postazioni da lavoro, l’attrezzatura e gli strumenti quotidiani, fino alle metodologie e protocolli da adottare.
Siamo abituati alle quantificazioni dei rischi e dei tempi di esposizione come indice principale, ma nella pratica per il lungo termine delle condizioni dei lavoratori non può prescindere dall’analisi qualitativa E’ l’analisi qualitativa infatti che stabilisce le priorità.
FEB
2016